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Chi semina raccoglie: l’eredità immortale di Lawrence Halprin

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12 Dic Chi semina raccoglie: l’eredità immortale di Lawrence Halprin

Lawrence Halprin amava la gente, pensava in completa sintonia con le forme della Natura ed era affascinato dalle città. Lo testimoniano le sue realizzazioni, che portano il respiro degli spazi aperti nei meandri delle metropoli americane e che, da decenni, sono teatro di vera interazione urbana, ma ancor di più la passione che anima le tante persone impegnate per la loro valorizzazione. A Portland, per esempio, la Halprin Landscape Conservancy, associazione nata nel 2001 con lo scopo di salvaguardare la “Open Space Sequence”, coinvolge ogni anno la comunità, le associazioni e gli enti della città organizzando visite ed eventi per mantenere viva l’eredità del grande paesaggista che, esattamente cinquanta anni fa, ha plasmato una vera e propria oasi urbana dove residenti, lavoratori e visitatori possono passeggiare, mangiare, incontrarsi o semplicemente rilassarsi e riflettere. Non è difficile capire le ragioni di tanto attaccamento: quel paesaggista visionario e rivoluzionario ha saputo guardare oltre, regalando alla città e ai suoi abitanti sorprendenti occasioni di interazione e, contemporaneamente, di evasione.

Io stessa, mentre esploravo questa sequenza di spazi interconnessi, mi sono sentita parte integrante del processo creativo che ha li ha generati e sono stata conquistata dall’energia che sprigionano. È un coinvolgimento molto particolare, quello che si avverte quando ci si trova di fronte agli spruzzi della Lovejoy Fountain o sotto le chiome degli alberi di Pettygrove Park: uno dopo l’altro, i sensi cominciano a svegliarsi, e dopo di loro si mettono in moto memoria e stati d’animo. Si vive un’esperienza che, esattamente come aveva previsto il coraggioso e innovativo Lawrence, oltrepassa i limiti della forma e spinge verso altre dimensioni. Guardando le bambine che giocavano nella Lovejoy Fountain con il nonno che tentava di richiamarle all’ordine senza successo, io sono tornata indietro di qualche decennio, ai fossi delle campagne novaresi e alla mia nonna che cercava di farmi uscire dall’acqua, anche lei senza successo!

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Ma sono anche tornata agli incredibili paesaggi di Yellowstone: nei volumi grezzi e movimentati della Ira Keller Fountain, dove gli alberi nascono dalle piattaforme ruvide e il rumore dell’acqua incredibilmente sovrasta quello della città, ho letto immediatamente l’ispirazione alle possenti sculture plasmate dalla terra stessa nel parco naturale più suggestivo d’America. Mi sono emozionata di nuovo e ho anche augurato a quei bambini che mangiavano il loro sandwich davanti alle cascate di poter provare, un giorno, la mia stessa doppia emozione.

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Sentirsi parte integrante della Natura, pur sapendo bene di essere in mezzo a una giungla di cemento, è la sensazione che mi ha accompagnata anche mentre passeggiavo per Pettygrove Park, lo “spazio di decantazione” tra l’irruenza delle due fontane. I morbidi cuscini erbosi, i percorsi serpeggianti e l’ombra delicata degli alberi somigliano così tanto ai boschi della meravigliosa costa dell’Oregon, che pare proprio di esservi dentro, cullati dalla loro atmosfera incantata.

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Peccato non piovesse, mentre vagabondavo per il parco. Mi sarebbe piaciuto sentire il rumore della pioggia sulla scultura di Manuel Izquierdo: “The Dreamer” ha un’anima in schiuma che amplifica il suono delle gocce fino a farlo sembrare quello di un timpano.

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Ma sono felice lo stesso: ho viaggiato nello spazio, nel tempo e nei ricordi spostandomi solo di poche centinaia di metri. Questo significa che Lawrence Halprin è riuscito, ancora una volta, a creare quell’alchimia che fa dell’uomo, della Natura e dell’ambiente costruito una realtà dinamica e inscindibile.

Come nei workshop organizzati da lui e dalla moglie Anna (ballerina e coreografa) negli anni ’60 e ’70 a San Francisco, dove insegnava ad abbandonare dogmi e certezze per arrivare a interpretare l’ambiente solo con l’esperienza sensoriale.

Lawrence scriveva: “Mettete via carta e matita. Chiudete i libri. Smettete di pensare. Bendatevi e uscite per una passeggiata nei boschi. Catalogate ogni cosa che vedete, sentite, percepite e annusate. In assoluto silenzio costruite una città con quel che trovate in spiaggia. Adesso cominciate a pensare al design”.

Grazie per la lezione en plein air, Lawrence. Non la dimenticherò. E buon compleanno!

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Lawrence Halprin è nato a New York City nel 1916 ed è morto nel 2009 all’età di 93 anni. Non era un architetto, ma un paesaggista.

Perché “gli architetti creano oggetti. Noi no. Noi facciamo esperienze. Noi non cerchiamo di trovare una forma. La terra è la forma” L.H.

 

Per saperne di più sulla Open Space Sequence di Portland e sul programma portato avanti dall’associazione che si è presa in carico la sua conservazione a beneficio delle generazioni future:

The Halprin Landscape Conservancy

Ancora una volta, il pragmatismo americano mostra i suoi frutti!

 

Project: Open Space Sequence

Location: Portland, OR

Year: 1966 – 1973

Photos: Federica Cornalba

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