08 Apr Villa Anelli a Oggebbio: uno dei 35 camelieti più importanti al mondo
In Giappone si dice che bisogna stare in silenzio per sentire il suono delle camelie (Tsubaki) che cadono a terra: i fiori, quando appassiscono, si staccano interi insieme al calice e per questo, nella tradizione del Sol Levante, sono diventati il simbolo di una vita stroncata prematuramente. La cultura cinese interpreta questa particolare caratteristica in modo completamente diverso e attribuisce alle camelie l’immagine della devozione eterna tra gli innamorati, così come in Corea, dove tradizionalmente sono inserite in bouquet e composizioni nuziali.
Già raffigurate in dipinti e porcellane cinesi risalenti all’XI secolo, in Europa le camelie sono arrivate nella prima metà del Settecento e ben presto sono diventate il fiore prediletto dall’aristocrazia e dall’alta borghesia. Proprio per il loro intenso significato simbolico, sono state anche “verdi protagoniste” di capolavori della letteratura come La Dame aux camélias di Alexandre Dumas, o della musica come La Traviata.
Immancabile decorazione per le scollature delle nobildonne e i frac dei signori, all’inizio del secolo scorso, la camelia – in particolare la japonica ‘Alba plena’ – è diventata un vero e proprio accessorio di stile quando Madame Chanel cominciò a utilizzarla per impreziosire i suoi elegantissimi tailleur.
Camellia japonica ‘Leeana Superba’
Sembra incredibile, quindi, che dagli anni ‘30 queste piante abbiano perso gran parte della loro popolarità: nei giardini, la loro coltivazione è stata progressivamente abbandonata, e se non fosse stato per l’impegno e l’entusiasmo di qualche intraprendente e visionario appassionato, probabilmente oggi le varietà disponibili sarebbero davvero poche. Una di queste straordinarie persone è l’ingegner Antonio Sevesi, fondatore e primo Presidente della Società Italiana della Camelia, che negli anni ’50 cominciò a reintrodurne la coltivazione nel Parco di Villa Anelli, importando, riproducendo e catalogando numerosi esemplari. Oggi, grazie allo sforzo di Benedetta e Andrea Corneo, discendenti del notaio milanese Antonio Berzio che nel 1872 comprò il terreno e poi vi edificò la villa, il parco conta ben 415 tra specie e varietà diverse di camelie. Visitarlo significa entrare in un mondo incantato: si viene accolti in un piccolo giardino racchiuso da muri completamente ricoperti da vegetazione e subito si ha la sensazione di essere abbracciati dalla Natura.
La villa filtra la percezione del parco, ma una volta che si scendono i pochi gradini laterali, l’atmosfera diventa davvero sorprendente. Sentieri e scalette in pietra collegano i terrazzamenti che scendono verso il lago, mentre un ponticello attraversa il gorgogliante Rio Paradiso: le pendici della sua scoscesa valle sono punteggiate da palme, boschetti di bambù, felci, e naturalmente da camelie dai fiori a volte immacolati, altre fiammeggianti di rosso e rosa intenso. La vegetazione è lussureggiante e avvolgente, e la penombra è attraversata da squarci di sole che illuminano camelie rarissime come le reticulata originarie dello Yunnan.
Qua e là, tra rododendri, viburni e azalee ci sono anche le camelie da tè (Camellia sinensis) e quelle da olio (Camellia oleifera), oltre a quelle profumate, quelle a fioritura invernale (Camellia sasanqua, C. hiemalis, C. vernalis) e alle immancabili cultivar di Camellia japonica a fioritura primaverile. Fiori semplici, anemoniformi, semidoppi, peoniformi e doppi dai colori variegati, screziati o uniformi compongono un mosaico davvero originale.
Camellia japonica ‘Spring deb’
Camellia japonica ‘Il tramonto’
Non c’è da stupirsi, quindi, se nel 2010 il camelieto è stato insignito del riconoscimento ‘Camellia Garden of Excellence’ da parte della International Camellia Society (ce ne sono solo 35 in tutto il mondo)! E se le camelie sono le protagoniste indiscusse del parco, l’imponente Fagus sylvatica ‘Pendula’ di fianco all’abitazione, è il custode della storia centenaria di questo luogo unico, dove passione, impegno e determinazione hanno dato vita a uno scrigno di bellezza e conoscenza davvero sorprendente.
La curiosità
Il Lago Maggiore, soprattutto la zona del Verbano, era molto importante per la fornitura di marmo e, grazie al particolare microclima, anche per la produzione di vino (in verità, non molto pregiato). In particolar modo nella Val d’Ossola, la modellazione del territorio in terrazzamenti delimitati da muretti di pietra a secco è stata per lungo tempo funzionale alla coltivazione delle vigne, finché, verso la fine dell’Ottocento la fillossera non ha completamente devastato le piantagioni. Le pratiche colturali sono state quindi progressivamente abbandonate determinando la rovina degli spazi terrazzati, ma la tradizione dei muretti a secco ha trovato una nuova declinazione nella realizzazione dei giardini.
Info
Il giardino è visitabile su appuntamento ed è possibile soggiornare all’interno del parco nella deliziosa guesthouse recentemente ristrutturata.
Garden: Parco di Villa Anelli
Location: Gonte di Oggebbio (VB)
Year: 1872
Photos: Federica Cornalba
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